Quattro a tre by Nando Dalla Chiesa

Quattro a tre by Nando Dalla Chiesa

autore:Nando Dalla Chiesa [Chiesa, Nando Dalla]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788889533956
editore: Melampo
pubblicato: 2014-06-12T22:00:00+00:00


«Fu Held a respingere la palla dal centro dell’area. Sicuramente Rivera non pensava di passare la palla a me. Ma Held saltò, sbagliò il controllo, la palla gli carambolò sul petto e mi arrivò sul sinistro. No, non pensavo a far gol quando mi sono avviato verso l’area tedesca, il fatto è che quando si perde si prova sempre a vedere che cosa può capitare, non si sa mai. Segnare fu bellissimo. Perché allora non feci scene di esultanza? Ma io non avevo l’abitudine di fare gesti di gioia, perché anche oggi penso dentro di me che festeggiare troppo è un modo per svilire o per insultare gli altri, quelli che hanno subito il gol e che sono accanto a te, i compagni dell’altra squadra, che comunque sono colleghi di lavoro».

È un tipo speciale, veramente molto speciale, Tarcisio Burgnich. Continua a esserlo oggi che vive con la famiglia e con i suoceri ad Altopascio, in provincia di Lucca, nella storica località dove i lucchesi di Castruccio Castracani sconfissero nel 1325 le milizie fiorentine. A Ruda suo padre faceva l’operaio. Era addetto al facchinaggio alla Snia Viscosa, dove trasformavano in carta il legno degli alberi. Aveva combattuto la Grande guerra dalla parte degli austriaci in marina, si era dedicato ai lavori della terra e poi se ne era andato per otto anni, emigrato in Argentina. Aveva conosciuto la moglie a Vienna, dove lei era sfollata per la guerra da vicino Gorizia. Il cognome, Burgnich, viene probabilmente dalla Germania est, ai confini con la Cecoslovacchia. Questo almeno ha appurato Onofrio, il fratello prete di Tarcisio (c’è sempre un parente prete da quelle parti), che è appassionato di questo genere di ricerche. «No, non incominciai a giocare in parrocchia. Giocai subito nel Ruda, in prima divisione. Poi passai al campionato interregionale, nel Romans d’Isonzo. Andai a provare a Cormons per l’Udinese insieme con Pizzul, sì, proprio lui, Bruno Pizzul il gigantesco telecronista d’oggi che allora giocava da centravanti. Poi lui andò a Reggio Calabria e io a Udine. Giocai la prima partita in A in quello che sarebbe diventato il mio stadio, san Siro. Milan-Udinese, perdemmo 7-1. Era il 1959, l’allenatore era Bigogno. In quella squadra giocavano Bettini, che mi avrebbe preceduto all’Inter, e Giacomini».

Racconta, Tarcisio “la Roccia”. E torna alla notte dell’Azteca. «Il nostro segreto di quella partita? Prima di tutto eravamo sereni, tranquilli. Non eravamo tra i favoriti, dunque una volta passati i quarti di finale noi il nostro dovere in sostanza lo avevamo già fatto. Era dal ’38 che ai mondiali l’Italia non arrivava tanto avanti. La Germania poi era giudicata da tutti superiore a noi. Non dimentichiamo che si era qualificata battendo un’Inghilterra fortissima dopo una grande partita. Valcareggi, lui, contribuiva a darci serenità. Per noi era come il papà; non adoperava il bastone, era una persona corretta, che capiva di calcio e ci faceva giocare secondo le nostre inclinazioni. È vero, sui giornali italiani veniva descritto da Città del Messico un clima zeppo di rivalità e di polemiche. Ma la nostra vita in ritiro era in realtà assolutamente tranquilla.



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